Biotestamento: da oggi nel nostro Paese autodeterminarsi sarà più facile, anche nel momento più difficile.

di Giuseppe Guerini
Deputato PD
 
 

Con l’approvazione definitiva da parte del Senato, le nuove norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento (c.d Biotestamento) sono legge dello Stato e introducono nel nostro ordinamento uno strumento già sperimentato nel resto d’Europa e ampiamente sollecitato non soltanto dagli operatori del settore sanitario, ma anche e soprattutto da una larghissima fascia dell’opinione pubblica.
Prendendo le mosse dall’art. 32 della Costituzione (“nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”), si sanciscono una serie di principi:
1. ognuno ha il diritto di esprimere il proprio consenso libero ed informato in relazione al trattamento sanitario a cui può essere sottoposto ed il medico è tenuto a rispettarne la volontà. In caso di pazienti con prognosi sfavorevole o imminenza di morte, il medico è tenuto ad astenersi da qualunque irragionevole ostinazione nel somministrare le cure o nel ricorrere a trattamenti inutili o sproporzionati;
2. In previsione di una futura incapacità di autodeterminazione, ogni persona maggiorenne può esprimere attraverso le DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento) le proprie convinzioni e preferenze riguardo alla tipologia degli accertamenti e dei trattamenti sanitari, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali;
3. Nei casi di patologia cronica invalidante o caratterizzata da un’evoluzione infausta, è possibile realizzare una pianificazione delle cure condivisa tra paziente e medico, a cui questi dovrà successivamente attenersi.

Si tratta di una legge equilibrata che raccoglie e mette a sistema le migliori esperienze e prassi sedimentate negli ospedali e negli hospice negli ultimi decenni, oltre a cristallizzare e attribuire forza normativa ad una serie di principi sviluppati dalla giurisprudenza e consolidatisi in assenza di una disciplina specifica della materia.
In definitiva, nessuno strappo ma un deciso passo in avanti sulla strada del riconoscimento dei diritti e della dignità della vita umana.

Giuseppe Guerini

Fare politica andando oltre slogan e luoghi comuni

di Daniele Marantelli
Deputato PD
 
 

Durante la discussione sul bilancio della Camera, nello scorso mese di agosto mi ero spinto a parlare di allarme rosso per la democrazia. Preoccupazione eccessiva? Quando il 50 per cento degli elettori non va a votare nemmeno per scegliere i propri amministratori locali, pur in presenza di un'offerta politica vastissima, liste di partito e civiche, possiamo cavarcela con un'alzata di spalle?
Qualche giorno fa è arrivata, forte e bruciante, l'analisi del CENSIS. Descrive un Paese impaurito e rancoroso. Dopo due giorni di bombardamento mediatico, tutto archiviato. Il rapporto CENSIS dovrebbe, invece, essere studiato a fondo. Chi ha legami con il territorio e conduce una vita normale, usa mezzi pubblici, parla con sindacalisti e operai, con piccoli imprenditori, artigiani e i loro dipendenti, va al bar e allo stadio, accompagna figli e nipoti a scuola, frequenta strutture sanitarie pubbliche, ha ben presente il polso della situazione. Anche senza il prezioso rapporto CENSIS è facile cogliere sentimenti di sfiducia, paura e rancore, anche nella regione italiana più popolosa, moderna  e sviluppata. Nella nostra Lombardia.
Qui sta il cuore dei nostri problemi politici. In questa legislatura abbiamo conseguito importanti risultati sul piano dei diritti. Dopo di noi, ecoreati, caporalato, divorzio breve, dimissioni in bianco, codice antimafia, biotestamento.
I fondamentali economici dimostrano che l'Italia del 2017  è migliore di quella del 2013.
Crescita, occupazione, tasso di occupazione femminile, export, attrattività degli investimenti. Tutto ciò è dovuto molto all'azione dei governi che hanno avuto nel Pd il perno fondamentale. Ripetere come un robot questi dati non ci aiuta, tuttavia,  ad affrontare efficacemente le prossime sfide. I dati macroeconomici sono buoni, anche se permangono incertezze sul futuro delle imprese e preoccupazioni per il potere d'acquisto dei lavoratori, il Pil cresce più del previsto, ma l'economia non è tutto. Questo è il nodo che spiega le difficoltà di rapporto del Pd con la società.
È accaduto che un provvedimento storico come il biotestamento, sia stato oscurato e surclassato, nella stessa giornata, dalla miserabile polemichetta sulle banche.
Nell'intervento di agosto mettevo in evidenza un dato che mi colpisce. La gente non sorride più o sorride poco. Eccolo il nodo: l'economia non sempre è in grado di rappresentare la tenuta civile di un Paese. Dobbiamo fare i conti con questa contraddizione. O si riesce a trasmettere a quel 50 per cento disilluso un progetto nuovo per il futuro, di fiducia, di ideali di libertà e uguaglianza, o le prossime sfide saranno condotte a colpi di insulti e di esasperate personalizzazioni, con protagonisti politici che non trasudano grande personalità. E allora: la finanza comanda, i tecnici eseguono, i politici si accapigliano nei talk show. I cittadini e soprattutto i giovani, le maggiori vittime delle nuove forme di sfruttamento, si accorgono e puniscono soprattutto noi. Tanto più con un partito indebolito. Con "un'infrastruttura partito" efficace avremmo potuto e dovuto avere un confronto serrato con i mondi oggetto delle nostre  riforme, correggendo quello che andava corretto. Nonostante le risorse notevoli destinate alla scuola, per esempio, ci siamo beccati il più grande sciopero di studenti e insegnanti degli ultimi 50 anni.
Dems nasce per riattivare canali, ponti, con la parte migliore della nostra società. Per fare politica, andando oltre slogan e luoghi comuni. Quel che è fuori di noi lo chiamiamo quasi sempre populismo. Pigrizia imperdonabile.
A Coblenza, nello scorso febbraio, si sono incontrati i nazionalisti, non i populisti. Salvini, Le Pen, l'Afd tedesca, esponenti polacchi, olandesi, ungheresi, alcuni con posti chiave di governo come in Austria. Salvini, infatti, sta facendo da settimane campagna acquisti di neofascisti famosi e meno famosi. Per noi si apre un enorme spazio di iniziativa politica. La Lombardia è antifascista. Qui la cultura della libertà, del fare bene un lavoro se no non è lavoro, dell'innovazione, del risparmio, della piccola proprietà, della sussidiarietà, della solidarietà, ha radici profonde e popolari. O noi le sappiamo interpretare e rappresentare o l'Italia non cambierà. È una sciocchezza lasciar correre che Berlusconi vince da vent'anni. Nel 1996 e nel 2006 l'Ulivo e il Centrosinistra vincono le elezioni politiche, ma, questo è il punto, perdono nettamente in Lombardia e Veneto. Puoi avere una maggioranza parlamentare, ma con queste regioni "contro", non governi.
Le divisioni nel Centrosinistra pesarono. La lezione non è servita. Il voto recente in Sicilia e a Ostia ci dice  che l'elettorato di Centrosinistra sceglie, a modo suo, il voto utile. Dobbiamo scongiurare per la sinistra il pericolo dell'irrilevanza. Non so se il nuovo partito di Grasso, LeU, sceglierà la subalternità al Movimento 5 Stelle. So che il Pd non deve essere e nemmeno apparire subalterno a nessuno. Men che meno a Forza Italia. Quando si è in battaglia bisogna combattere. Se questo è il senso dei recenti inviti di Renzi all'unità del partito non si può che essere d'accordo. Lo stato di salute del Pd però non è dei migliori. Esserne consapevoli, correggere quello che non va, non significa essere rassegnati. È il contrario.
Andrea Orlando non si è candidato al congresso per vanità. Lo ha fatto per salvare il Pd e perché vuole bene al Pd. Le proposte avanzate sabato scorso a Roma all'assemblea di Dems nascono dalla convinzione che le ragioni fondative del Pd non sono venute meno. Unire: Nord e Sud, imprenditori, lavoratori autonomi e dipendenti, intellettuali e persone semplici. Sconfiggere le disuguaglianze e ridurre le distanze nella società deve essere il DNA del Pd e del suo programma. In tutti i campi. Istruzione, Lavoro, Sanità, Ambiente, Infrastrutture. Anche in Lombardia.
Giorgio Gori è un ottimo candidato. Occorre lavorare per rendere ancora più forte il suo progetto, superando divisioni che non hanno giustificazioni. Mi auguro che tutto il Centrosinistra, LeU compreso, e le migliori energie civiche siano pronti ad una sfida comune. La Lombardia è cambiata. In meno di vent'anni la popolazione è passata da poco più di 8 milioni ad oltre 10 milioni di abitanti. Questo ha modificato le "Lombardie".
Metropolitana, Pede-montana, Padana. Ha modificato rapporti fra città e comuni su temi sensibili come l'immigrazione, il lavoro e la sicurezza.
Le prossime sfide non esauriranno i nostri compiti. Anzi, sempre più avremo bisogno di un partito che non si esaurisce nella dimensione istituzionale. Dovremo rilanciare il centrosinistra in vista delle sfide amministrative di primavera, recuperando rapporti anche dove si sono prodotte divisioni.
Negli ultimi 20 anni il mondo non ha mai conosciuto trasformazioni così profonde dai tempi delle scoperte geografiche. È la cosiddetta globalizzazione. Nulla rispetto a ciò che accadrà nei prossimi 20.
Diritti e democrazia sono ancora conciliabili fra loro? Questa domanda diventerà sempre più radicale di fronte agli imprenditori della paura che crescono in Italia e in Europa. Il Movimento 5 Stelle che ipotizza l'uscita dall'euro è questo. La Lega che strumentalizza un fenomeno epocale come l'immigrazione è questo. Salvini e Di Maio nei mesi scorsi non si sono ripetutamente recati a Mosca per turismo, per acquistare vodka o matrioske.
Il Pd dovrà battersi apertamente per un'Europa federale, dei popoli. L'Europa è il più importante presidio dei diritti civili e sociali esistente al mondo, a partire dai diritti delle donne e della dignità del lavoro. Questo patrimonio, dopo settant'anni di pace, non va sprecato. Come non vanno dispersi gli sforzi che abbiamo fatto per sconfiggere la più grave crisi economica del dopoguerra. Se sapremo trasmettere, con forza e sobrietà e senza nervose supponenze, questo messaggio, sono convinto che i cittadini e anche i giovani ci capiranno.


Daniele Marantelli

La legge di bilancio

di Antonio Misiani
Deputato PD
  

L’ultima legge di bilancio della legislatura cade in una fase congiunturale positiva. Nel 2013 l’Italia era in recessione, il deficit sfiorava il 3 per cento del PIL e la disoccupazione superava il 12 per cento. Quattro anni dopo, chiuderemo il 2017 con una crescita intorno all’1,5 per cento, che dovremmo mantenere anche nel 2018. Crescono la produzione industriale, l’occupazione, l’avanzo della bilancia dei pagamenti. Il deficit è stato gradualmente ridotto al 2,1 per cento e il debito ha finalmente imboccato un sentiero discendente. Questi dati dipendono molto dalla congiuntura internazionale e dalla politica monetaria espansiva della BCE, naturalmente. Contano però anche le riforme messe in atto in questi anni, che iniziano a produrre effetti significativi. Le ferite sociali ereditate dalla Grande crisi non sono state però riassorbite. I quasi tre milioni di disoccupati e più di quattro milioni e mezzo di persone che vivono in condizione di povertà assoluta ci ricordano la grande questione sociale aperta dalla recessione. Una sofferenza diffusa che corrode le fondamenta della convivenza civile e alimenta l’astensionismo e i consensi delle forze populiste e antisistema.
In questi anni la politica economica dei governi Renzi-Gentiloni ha seguito il “sentiero stretto” tra crescita e risanamento più volte evocato dal ministro dell’economia Pier Carlo Padoan. Il percorso verso il pareggio di bilancio è stato sistematicamente “anmmorbidito” rispetto alle prescrizioni delle regole europee, utilizzando gli spazi di flessibilità via via conquistati per ridurre la pressione fiscale e sostenere la ripresa dell’economia.
Molte scelte sono andate nella direzione giusta - dalla riduzione del costo del lavoro stabile all’alleggerimento del carico fiscale sugli investimenti privati, dalle risorse aggiuntive destinate a scuola e sociale fino al piano Industria 4.0 - altre purtroppo no. Penso all’indiscriminata cancellazione della tassa sulla prima casa piuttosto che alla proliferazione di bonus di dubbia efficacia. Tra i punti più dolenti vi sono la “clausola di salvaguardia” (una spada di Damocle da 20 miliardi di aumenti automatici di IVA e accise che non è stata definitivamente neutralizzata) e il mancato rilancio degli investimenti pubblici, nonostante l’abolizione del patto interno di stabilità.
La legge di bilancio 2018 è figlia di questo pregresso. La manovra non è lacrime e sangue, tutt’altro. Tre quarti delle risorse (15 miliardi su 20) sono impiegati per disinnescare la clausola di salvaguardia IVA-accise. Il resto serve essenzialmente per l’incentivo strutturale per l’assunzione di giovani, il potenziamento del fondo contro la povertà, il rinnovo contrattuale del pubblico impiego, la proroga di una serie di incentivi per le imprese (superammortamento e iperammortamento, nuova Sabatini, nuova Visco-Sud) e per la ristrutturazione e la riqualificazione energetica degli edifici, le misure per il sistema pensionistico e gli enti locali.
Tutte scelte condivisibili. Che però lasciano aperti alcuni nodi importanti, che come area Orlando abbiamo evidenziato presentando un documento specifico sulla legge di bilancio.
Il “tema dei temi” rimane il lavoro. Il ripristino puro e semplice dell’articolo 18 (che Mdp e Si chiedevano addirittura di estendere alle imprese sopra i 5 dipendenti) è una ipotesi velleitaria. Tutt’altro che velleitario è invece intervenire su alcuni punti - dal lavoro a tempo determinato, che sta nuovamente spiazzando quello stabile, alle indennità di licenziamento fino all’alternanza scuola-lavoro - per migliorare alcune dinamiche di precarizzazione assai lontane dagli obiettivi del Jobs act. Abbiamo posto con testardaggine la questione del meccanismo di aumento automatico dell’età di pensionamento, chiedendo una moratoria in vista di una sua profonda revisione. La proposta del governo, traslata nella legge di bilancio, è un passo in avanti ma per noi non esaustivo.
La sanità soffre una condizione di sottofinanziamento e di iniquità nell’accesso alle cure. Andrebbero recuperate risorse aggiuntive, anche attraverso le accise sui tabacchi e la rimodulazione delle detrazioni sulle spese sanitarie, per finanziare i Livelli essenziali di assistenza e cancellare il cosiddetto superticket (in Senato a questo scopo è stato approvato un primo stanziamento). Gli enti territoriali rappresentano un altro capitolo da affrontare alla Camera, lavorando per annullare il taglio dei trasferimenti alle regioni e rifinanziare le province e le città metropolitane.
Dulcis in fundo, l’ambiente (a cui il Pd dovrebbe dedicare molta più attenzione nella sua agenda politico-programmatica) e la web tax, introdotta in prima battuta al Senato e che alla Camera andrà perfezionata.   Tutti questi temi possono essere un terreno privilegiato per ricostruire il centrosinistra e, soprattutto, per rilanciare un Pd in evidente affanno nei sondaggi. La partita per le elezioni politiche è tutta aperta. Ma per vincerla non basta trincerarsi nella difesa ad oltranza di tutto ciò che abbiamo fatto con i governi Renzi e Gentiloni. Dobbiamo rivendicare con orgoglio i risultati raggiunti ma non possiamo permetterci errori. Serve discontinuità, rispetto a ciò che non ha funzionato in questi anni. Vale per alcune scelte di politica economica, così come per le logiche di autosufficienza e solipsismo che troppo a lungo hanno caratterizzato il percorso del nostro partito. 

Antonio Misiani

Numero zero

di Enrico Brambilla
Capogruppo PD Regione Lombardia
  

Con questo “numero zero” iniziamo la pubblicazione periodica della newsletter del comitato regionale lombardo di DEMS. Abbiamo pensato a questo strumento per tenerci costantemente informati della vita associativa nella nostra Regione e per promuovere uno scambio di riflessioni ed orientamenti aperto al contributo di tutti gli interessati.
Siamo reduci dall’Assemblea Nazionale di sabato scorso a Roma, nella quale Andrea Orlando ha ben esposto le ragioni fondanti del nostro impegno. Ricostruire il centrosinistra, non tanto come somma di sigle e ceto politico quanto come lavoro di ricomposizione sociale.
Abbiamo di fronte impegni elettorali che si preannunciano assai complicati: l’incapacità di cogliere fino in fondo il disagio ed il malessere di una società sempre più rancorosa rischia di spalancare la strada a populismi e fondamentalismi di ogni tipo.
Per tornare a vincere il centrosinistra deve quindi anzitutto riconnettersi al proprio popolo, e per questo occorrono scelte in discontinuità col recente passato, sul lavoro e la lotta alle disuguaglianze, o di maggior coraggio sul tema delle migrazioni e della politica internazionale.
DEMS nasce avendo a mira le prossime scadenze ma volendo guardare oltre: siamo fortemente impegnati affinché il PD ottenga il miglior risultato possibile e perchè da li si possa poi ripartire per creare le condizioni di una nuova unità.
C’è un grande spazio di iniziativa, abbiamo la convinzione e l’ambizione di poterlo riempire interpretando il vero spirito originario del Partito Democratico: per riuscirvi, alla forza delle idee dobbiamo accompagnare anche un’adeguata organizzazione.
Siamo presenti in tutte le province lombarde, nelle prossime settimane formalizzeremo la nascita dei comitati locali e di quello regionale, con l’elezione dei relativi coordinatori. Nel frattempo chiediamo a tutti uno sforzo per aiutarci a consolidare la base associativa e costruire occasioni di incontro e di discussione.


Enrico Brambilla

 

 

 

Milano 2046 – Laboratorio per un futuro comune

di Lamberto Bertolé
Presidente del Consiglio Comunale di Milano
  

Studiare come migliorare il benessere dei cittadini progettando una città equo sostenibile. Con questo intento nasce “Milano 2046”, il laboratorio del Comune di Milano che ho promosso come Presidente del Consiglio comunale, per immaginare un futuro a misura di cittadino e innalzarne la qualità della vita. Un progetto di cui sono particolarmente orgoglioso e di cui ci tengo ad illustrarvi le ragioni di fondo.
Milano 2046 nasce nella convinzione che, quando la politica alza lo sguardo e fa un passo a lato rispetto alle emergenze e si pone l'obiettivo di gettare le basi del futuro benessere dei propri cittadini, attende al suo compito primario, nella grande sfida del contrasto all'antipolitica. E questo ha a che fare con il senso dell’impegno di tutti noi.
Si tratta di un progetto che punta al lungo periodo, il prodotto di una politica che pensa alla città di domani puntando sulla coesione sociale, la cultura, la tutela dell'ambiente e dei diritti di cittadinanza e partecipazione, la qualità della vita personale e pubblica dei cittadini e l'interrelazione sociale.
Siamo mossi dalla convinzione che il futuro non debba essere temuto né subito passivamente, ma programmato. E non si tratta neanche di una fuga nel futuro: si tratta di guardare lontano per prendere le decisioni giuste oggi.
La politica ha bisogno di costruire e verificare strumenti di conoscenza per programmare il futuro della città e il benessere dei cittadini, intervenendo in modo pianificato e consapevole laddove ci sono carenze, e favorendo i processi di crescita e miglioramento laddove si manifestano.
La mancanza di una regia pubblica attenta alla programmazione degli interventi lascia infatti la comunità priva dei necessari equilibri e di adeguate risorse per i suoi bisogni.
Oggi godiamo dei benefici di scelte importanti fatte dalla politica molti tempo fa e scontiamo problemi e difficoltà che nessuno ha saputo prevenire molti anni fa. Vogliamo costruire, insieme, scenari con la necessità di scegliere e progettare il nostro futuro. Ed è proprio quando le cose vanno bene che bisogna proporsi di farlo, senza cullarsi nell’inerzia di un ciclo positivo. L’obiettivo è sviluppare le 12 dimensioni del benessere racchiuse nel Bes, l’indicatore sul “Benessere equo sostenibile” che dal 2016 affianca il Pil nel Bilancio dello Stato e consente di rendere misurabile la qualità della vita e valutare l'effetto delle politiche pubbliche su alcune dimensioni sociali fondamentali come: cultura, sicurezza, coesione sociale, rispetto dell'ambiente, lavoro e innovazione.
La qualità della vita infatti  è il primo indicatore per misurare l'efficacia delle politiche. Ne aveva parlato Bob Kennedy, in quel discorso così famoso e profetico, no?
Milano sarà quindi la prima città a progettare i suoi interventi futuri sulla base di indicatori non solo economici ma equo sostenibili. Per declinare il Bes in chiave comunale il gruppo di lavoro avrà 18 mesi di tempo, durante i quali verranno coinvolti la società civile, i portatori di interesse e diritti, come le Università, le associazioni e le imprese, ma anche gli ex sindaci. Si parte con un’indagine realizzata secondo la metodologia Delphi, che prevede di coinvolgere un campione rappresentativo della comunità.
Milano 2046 si prefigge, come esito, di offrire al governo politico della città strumenti per progettare i suoi interventi futuri sulla base di indicatori non solo economici ma anche equo-sostenibili, i quali verranno identificati dal gruppo di lavoro e attraverso la nostra ricerca.
Alla fine del percorso di analisi dei bisogni e delle aspettative, per ogni singola voce del Bes (dalla salute ai tempi di vita fino all’ambiente) verrà fissato un risultato da raggiungere. All’interno del set di indicatori Bes, si approfondiranno dimensioni rilevanti per la città quali, ad esempio, la migrazione, il rapporto tra generazioni nel ciclo di vita, la diffusione e l’accesso alla cultura, la qualità dell’ambiente e dei servizi, le principali variabili che determinano il benessere soggettivo e quello collettivo.
Perché  ‘Milano 2046’? Il riferimento al 2046 è anche un omaggio alla nostra storia, ai cento anni dal 2 giugno 1946, data di nascita della Repubblica e inizio del percorso di ricostruzione del Paese. Questo lavoro vuole essere alimento di fiducia sociale e desiderio in contrasto con la paura, che è la vera insidia del cambiamento. 
Il Comitato di indirizzo del laboratorio oltre che da me, sarà costituito da esperti nelle principali dimensioni tematiche, tutti rigorosamente a titolo gratuito: Enrico Giovannini (economista e statistico, già Ministro del lavoro e delle politiche sociali), Carlo Sini (filosofo), Alessandro Rosina (demografo e statistico), François de Brabant (esperto di innovazione e sviluppo), Ruggero Lensi (esperto di qualità dei servizi), Chiara Saraceno (sociologa), Sergio Sorgi (esperto di welfare ed economia personale), Silvia Ivaldi (psicologa del lavoro), Francesca Bertè (esperta di scenari sociali) e Giuseppe Munforte (esperto di disagio giovanile).
Vi terremo senz’altro aggiornati e anzi, contiamo sul vostro contributo.


Lamberto Bertolé

 

E questo è il fiore: uniti per la democrazia, contro tutti i fascismi

di Veronica Tentori
Deputata PD
 

Sono rimasta impietrita davanti alle immagini agghiaccianti del video dell’irruzione della squadra di militanti del Veneto Fronte Skinhead nella sede dell’associazione Rete Como Senza Frontiere. Nella sala del Chiostrino di Santa Eufemia persone riunite pacificamente per discutere le proprie azioni di solidarietà si vedono letteralmente circondate da militanti neofascisti e vengono costrette ad ascoltare proclami razzisti. Per prima cosa esprimo la mia solidarietà a quelle persone che, immagino molto spaventate, hanno avuto il coraggio di esprimere un’incredibile forza pacifica davanti alla prevaricazione in stile squadrista del gruppo.

Tutto questo è inaccettabile: sono stanca di vedere atti intimidatori, di cui questo episodio è solo l’ultimo di una lunga serie, passare sotto silenzio, derubricati a goliardate o minimizzati dietro slogan quali “l’Italia ha problemi più importanti, abbiamo altre priorità” o peggio “fascismo e antifascismo sono concetti superati”. E mi indigna l’indifferenza generale davanti al proliferare di queste azioni che istigano all’odio, alla discriminazione, alla violenza.

Nell'arco dello stesso mese, dopo il caso Anna Frank nelle curve laziali e gli attacchi antisemiti, abbiamo assistito addirittura al gesto inqualificabile di un giocatore di calcio che segnando un goal contro la squadra di Marzabotto, ha scoperto una t-shirt raffigurante lo stemma della Repubblica sociale italiana e ha alzato il braccio esibendo il saluto romano! A Marzabotto! Non esiste più nemmeno il rispetto per le vittime innocenti della strage nazi-fascista, per una comunità che ha sofferto tantissimo. Bisogna alzare la voce, dirlo con forza, in maniera inequivocabile: queste azioni vanno condannate senza se e senza ma!
Non si tratta di libertà di opinione, che nessuno vuole mettere in discussione e che nel nostro Paese è pienamente garantita: qui siamo davanti a dei reati che vanno perseguiti.

Il clima è sempre più preoccupante e pericoloso e bene ha fatto l’ANPI nazionale a richiedere un incontro urgente al Ministro dell’Interno. Con altri colleghi del Partito Democratico abbiamo rivolto al Ministro Minniti un’interrogazione, che si aggiunge a quella che avevo presentato a luglio, in cui chiediamo quali interventi ritenga opportuni per affrontare quella che sta divenendo per molti territori italiani una reale emergenza.

Sabato 9 novembre a Como abbiamo lanciato una manifestazione nazionale aperta e popolare per riaffermare i valori dell’antifascismo e della solidarietà: eravamo in tanti in piazza, con la convinzione che la democrazia e la libertà, alla base della nostra Repubblica, vadano custodite come la cosa più preziosa che abbiamo, ogni giorno, e non ci fermeremo davanti alle intimidazioni.

E’ il momento che tutte le forze politiche, sociali, civili e tutti i cittadini che credono fermamente in questi valori si uniscano in questa sfida sociale e culturale: è più importante degli steccati e dei rancori, dei destini dei singoli, dei personalismi e delle strategie elettorali.
Si tratta del futuro che immaginiamo per il nostro Paese e per i nostri figli.

Veronica Tentori